La base di qualunque forma associativa nel regno animale, e forse non solo, e’ costituita dal concetto di organizzazione.
Le espressioni piu’ avanzate di forme vitali organizzate, siano termitai o sciami di vespe, comunità’ di aborigeni australi o antiche civiltà’ mesopotamiche, polis greche del primo millennio avanti cristo o il grande impero romano, l’Inghilterra della prima rivoluzione industriale o le piu’ terribili forme di dittatura, non possono prescindere dal concetto di organizzazione.
nel momento in cui questo viene a mancare tutto si frantuma, anzi si polverizza. E non. Soltanto perché, mancando una unità di comando, il sistema si paralizza e nessuno sa cosa deve o non deve fare.
La verità è che vengono a dissolversi anche quei rapporti di rispetto reciproco e di riconoscimento valoriale che, al di la’ di gradi e stellette, aveva improntato fino a poco prima i rapporti sociali.
Ne ho avuto una chiara dimostrazione una settimana fa, in occasione di uno sciopero dei dipendenti delle ferrovie italiane.
Nella elegante e super efficiente saletta frecciarossa di roma termini la confusione regnava sovrana. Anche il personale comandato in servizio aveva perso quella gentilezza e attenzione al cliente che mi illudevo fossero ormai diventate parte del dna di ciascuno. Allo sportello si dava più priorità ai colleghi e colleghe che chiedevano un timbro di presenza piuttosto che ai clienti, non importava se con carta oro o platino.
Addirittura un velo di perfidia mi era sembrato vederlo nel comportamento della hostess che mi “proteggeva” su un treno che sarebbe partito un’ora e mezza dopo, quando le facevo notare l’indicazione di un treno con la stessa destinazione fermo al binario 10, mi rispondeva di andare a chiedere direttamente al capotreno.
Ritornare con la memoria della storia all’8 settembre di settant’anni fa e’ stato un attimo. Quando badoglio, grande voltagabbana della storia nazionale, e un re, non piu’ soldato ma, dopo varie e non esaltanti giravolte, diventato fellone, lasciavano il suolo patrio, abbandonando nell’incredulita’ e nello sconforto i “tanto amati” sudditi e quache milione di soldati in armi.
Dell’inculcato concetto “ Dio, Patria, Famiglia” venendo cosi’ a mancare l’unica parola socialmente aggregante, non restava che affidarsi al cielo e tornare all’istinto primordiale della rondine che torna al nido.
L’otto settembre non fu però soltanto la fine di tutto ciò in cui “incrollabilmente” si era giurato di credere, non solo “l’amuni’, amuni’ ca u spettaculu fini’”, no. Al danno si aggiunse la più micidiale delle beffe.
Ecco infatti, cari sudditi l’ordine che mancava e che a imperitura onta e disdoro avrebbe macchiato l’immagine nazionale: l’italiano non solo mafioso ma anche traditore.
Da questo momento combatteremo l’alleato, sceso da noi per difenderci dall’ allora nemico comune : la guerra dunque continua.
Sissignore, continua, ma con una piccola variante: cambiamo semplicemente fronte e così poter tornare a mostrare il nostro valore. Lo faremo contro l’esercito più preparato del mondo, che stava combattendo al nostro fianco, a casa nostra, a nostra protezione.
Ecco, dunque, la grande differenza tra una improvvisa dissoluzione dei valori organizzativi che tenevano insieme il castello di sabbia della comunita’ nazionale e un vigliacco suicidio ordinato irresponsabilmente da quello sparuto gruppo di felloni che lasciavano il paese su una piccola corvetta militare. Ebbene questi signori si macchiavano così del più tremendo dei delitti: aver mandato allo sbaraglio e al massacro un popolo che li aveva osannati nelle piazze e morti sotto le insegne dei sacri vessilli.
Che il ricordo delle tante Asinara e Cefalonia possa non abbandonare mai più il vostro sonno eterno!
Ig – @fairness_mag