Le vacanze stanno per finire e, mentre il mare si fa sempre più lontano e il rumore delle onde si fa via via più flebile, possiamo vedere in maniera sempre più nitida l’immagine del nostro posto di lavoro che ci guarda con gli occhi sornioni e il suo sorriso più beffardo pronto a farci faticare.
E’ lì, ci aspetta!
Come molti di voi sanno, in effetti, alcuni studiosi suggeriscono che la radice del termine lavoro potrebbe derivare dal termine latino labor, che significa fatica o sforzo. Questo accostamento, quindi, aiuterebbe a sottolineare proprio l’idea del lavoro come qualcosa che richiede impegno e sacrificio.
Vi è, però, una seconda possibilità di origine linguistica!
In effetti, secondo l’autorevole fonte del Dizionario Etimologico di Giacomo Devoto – opera fondamentale per lo studio dell’origine delle parole italiane – la parola lavoro deriverebbe più verosimilmente e sorprendentemente da un antico strumento di tortura.
Secondo lo studioso, il termine trae le sue radici dal latino tripalium, un attrezzo costituito da tre pali (da cui tri per tre e palus per palo), utilizzato in origine per immobilizzare animali durante interventi veterinari. Questo strumento, però, aveva anche un lato oscuro: veniva impiegato come dispositivo di tortura per gli esseri umani.
Nell’antica Roma, infatti, il tripalium non rappresentava solo un oggetto di uso pratico, ma simboleggiava anche la punizione per i criminali, contribuendo così a legare il concetto di lavoro a esperienze di sofferenza e fatica.
E’ proprio questa connessione tra dolore e lavoro ad aver influenzato profondamente la percezione del lavoro stesso nel corso dei secoli.
Poi, con il passare del tempo, il termine si è evoluto nel latino volgare tripaliare, che significava infliggere tormento. Da questa radice si è sviluppato, in un secondo momento, il termine lavorare, il quale a sua volta ha dato origine a vari termini nelle lingue romanze: oltre a travailler in francese, trabajar in spagnolo e trabalhar in portoghese, anche lavorare e lavoro in italiano.
Dagli esempi dati si evince chiaramente come ogni lingua abbia mantenuto un legame con l’idea di sforzo, ma le sfumature possono variare. In sardo, ad esempio, si usa il termine traballai, che conserva una connessione con l’idea di sforzo, sia fisico che mentale.
In ambito medico, poi, il travaglio è la fase, spesso molto lunga e dolorosa, durante la quale la gestante deve ricorrere a tutta la forza possibile per sostenere le sofferenze dovute ai dolori dei momenti preparto!
Nel tempo, oltre al suo significato letterale, la parola lavoro ha acquisito anche un uso figurato, specialmente in italiano, per descrivere attività creative o intellettuali. Ecco che, ad esempio, si parla di lavoro artistico o lavoro di squadra, ampliando il concetto iniziale del termine oltre il semplice lavoro fisico.
Infine, con l’avvento dell’automazione e della digitalizzazione, il concetto di lavoro sta subendo un’ulteriore trasformazione. Termini come smart working e gig economy stanno cambiando il modo in cui percepiamo e definiamo il lavoro oggi, ridefinendone non solo le modalità di svolgimento, ma anche il significato stesso.
Questa evoluzione linguistica riflette non solo il cambiamento di significato nel tempo, ma anche l’importanza culturale del lavoro nelle diverse società. Infatti, il lavoro è stato storicamente percepito sia come un dovere che come una fonte di dignità, portando con sé un valore intrinseco che si è evoluto parallelamente alle trasformazioni sociali ed economiche. In molte culture, infatti, il concetto di lavoro è legato a valori di dignità e rispetto (pensiamo alla Cina o al Giappone), mentre in altre culture il lavoro è visto come un modo per esprimere la propria creatività.
Comunque sia, credo di poter dire a nome di tutti che siamo felici che il lavoro – per quanto stancante o snervante possa essere – regali anche molte soddisfazioni.
O, quantomeno, pur dovendo lavorare siamo sicuri di non finire seviziati su di un tripalium!
Ig – @fairness_mag