Quando le Parole lasciano il Segno

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Mentre godevo il tepore dell’ultimo sole nella quiete del mio terrazzo che guarda a ponente, mi risuonavano in mente le parole che Sammy Basso ha lasciato per il suo epitaffio: “ricordatemi facendo festa”.

Sammy, malato di progeria, morto a 28 anni, ci ha lasciato una grande lezione di vita. Scienziato, scrittore e attivista, ha sempre amato stare in compagnia e vuole essere ricordato così: queste le parole scritte per essere lette al suo funerale. “Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto felicemente la mia vita, senza eccezioni, l’ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e quelli difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente, ha continuato. Se c’è una cosa di cui non mi sono mai pentito è quella di aver amato tante persone nella mia vita, e tanto”.

Ed è proprio qui che mi sono rivisto. Con gli occhi socchiusi dietro alle lenti da sole, ho cercato di ricordare quanto ho amato nelle varie epoche della mia vita.

Dall’innocenza del bambino, agli anni della consapevolezza di poter uscire da solo con gli amici; dalla fase dei primi innamoramenti, alla scoperta della musica, intesa non solo da ascoltatore ma anche come (sia pur modestissimo) esecutore.

Dal periodo delle mille domande, per accontentare la mia frenesia di conoscenza, ai primi balli del mattone quando, al ritorno delle gite in montagna, facevamo fermare a Fondachello l’autista del pullman. Dalle tappe forzate per superare al meglio i tanti esami universitari, alla gioia della proclamazione.

Dalle guardie notturne alla polveriera di Uppello, mentre sotto la neve di un inverno che ricordo freddissimo, sentivo il latrare dei cani lungo la recinzione della base. Dal primo viaggio, con mia moglie, appena sposati, per i Chott salati del deserto tunisino, tra Tozeur e Nefta, alla gioia immensa di avere assistito alla nascita di mio figlio, nella cui espressione mi sembrò di avere immediatamente riconosciuto i tratti distintivi della mia progenie. Mi fermo qui, perché innumerevoli sono i momenti della vita in cui, dopo aver temuto una qualsivoglia fine del bello, rinascevo sorprendentemente alla gioia di vivere.

Di tutto ricordo il bello, eppure non mi sento un’oca giuliva. Persino il brutto che ho visto riesco a capirlo, senza con ciò essere un santo.

Credo che il dono, inspiegabile, misterioso e meraviglioso che abbiamo ricevuto venendo al mondo, vada glorificato e goduto in ogni momento della nostra vita. Edonisticamente, anche se con un po’ di sano egoismo, ho sperato che qualcuno leggesse queste parole.

La morale che ne deriva è: vivere per gli altri, senza smettere di pensare a sé stessi.

Carmelo Cosentino


Ig – @fairness_mag

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