La Domenica di Fairness. La Tassa Sull’Ombra

(Che Fa Sorridere e Pensare)

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In Italia, il sole splende generoso su colline e città, ma, ahimè, ogni raggio di sole può venire con una piccola “ombra” fiscale. Avete capito bene. Sì, parliamo della famigerata tassa sull’ombra, quella che fa pagare a baristi e negozianti per il “privilegio” di proiettare ombra su suolo pubblico. Sembra uno scherzo, vero? E invece, è tutto molto reale: in molte città italiane, se hai un’insegna, una tenda o un ombrellone che allunga l’ombra oltre il limite del tuo locale, preparati a ricevere una bella bolletta dal comune.

Ad onor del vero va specificato che viene applicata a discrezione dei Comuni come tributo per l’occupazione del suolo pubblico

Ma cosa è la tassa sull’ombra? La tassa sull’ombra nasce all’interno del COSAP (Canone per l’Occupazione di Suolo Pubblico) e si applica non solo a sedie e tavolini, ma anche alle ombre stesse. L’idea alla base è semplice: qualsiasi cosa occupi il suolo pubblico, anche solo per “ombreggiarlo”, richiede un pagamento. Per un bar con una tenda, questa “ombra fiscale” può arrivare a qualche centinaio di euro l’anno, cifra che fa riflettere: in un mondo in cui il sole è gratis, chi avrebbe mai immaginato di dover pagare anche per l’ombra?

Ma guardando ad altri paesi dell’Europa, l’Italia non è sola nella creatività delle tasse. Molti paesi hanno escogitato le proprie imposte “fantasiose” e, devo ammettere, alcune sono da ridere (altre, da piangere)

In Germania, alcuni locali devono versare una “tassa sulla schiuma della birra”. Sì, avete letto bene: lo strato di schiuma nel boccale ha un piccolo prezzo, che, a quanto pare, finisce nelle casse dello Stato. In Francia, chi diffonde musica nei negozi paga la “tassa sulla musica d’ambiente”, una sorta di canone per l’intrattenimento acustico. Se stai facendo shopping in un negozio parigino con musica di sottofondo, sappi che è tutto tassato, anche “Je ne regrette rien” di Edith Piaf. In Belgio, il cartello “Attenti al cane” all’ingresso? Anche quello ha un costo: è tassato come qualsiasi cartellone pubblicitario, persino se l’unico che lo legge è Fido.

Ma tra tutte, la tassa sull’ombra resta la più “all’italiana”: poetica e un po’ assurda (come un buon film di Fellini)

Queste imposte curiose ci ricordano quanto il fisco sia disposto a scavare anche nei dettagli più sottili (o, per meglio dire, più ombreggiati) della nostra vita quotidiana. La tassa sull’ombra, in particolare, fa sorridere e insieme riflettere, soprattutto per le piccole attività che già faticano a stare al passo con i mille obblighi fiscali. Bar e ristoranti, oltre a preoccuparsi di caffè e cornetti, ora devono calcolare quanti centimetri di ombra proiettano sul marciapiede, come se il sole stesso fosse diventato un coinquilino esigente.

Certo se proprio dobbiamo stabilire l’ago della bilancia, forse, però, c’è un fondo di verità in questa tassa surreale. La realtà è che gli spazi pubblici sono sempre più “affollati” da attività commerciali, e questa imposta può essere vista come un modo per regolare chi beneficia di aree comuni. Ma resta il dubbio: davvero l’ombra di una tenda o di un ombrellone giustifica un pagamento? Siamo così sicuri che sia la soluzione giusta?

L’Italia, si sa, è il paese delle meraviglie (e delle stranezze), dove l’arte di arrangiarsi incontra quella di… tassare. Per ora, i nostri commercianti continuano a godersi l’ombra che possono permettersi, consapevoli che ogni raggio di sole ha la sua “ombra fiscale” e sperando, chissà, in un domani dove il fisco non riesca a mettere un prezzo su tutto.

Alla prossima, allora! Chissà, magari un giorno avremo la tassa sui riflessi o sulle impronte lasciate sul suolo pubblico.

E nel frattempo, godiamoci il sole (gratis!) e sorridiamo: in fondo, in Italia, anche un’ombra ha la sua storia da raccontare.


Ig – @fairness_mag

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