A questo punto, dopo una notte in cui ogni paio d’ore mi svegliavo per vedere i sondaggi, e alla luce della grande vittoria dei repubblicani in America (Presidente, Congresso e Senato) è forse inutile rivangare le ragioni e le speranze dei due partiti che si contendevano la guida del Paese. Unica considerazione: che bella cosa il bipartitismo anglosassone, dove chi vince comanda, chiaramente e stabilmente, per il tempo di un mandato, salvo essere bocciato o riconfermato alla fine dello stesso!
Chiunque dei due contendenti avesse vinto, appariva come minimo inadeguato. Debole, impreparata e reduce da una insignificante Vicepresidenza Kamala Harris, pericoloso, penalmente incriminato e pieno di conflitti di interesse Donald Trump.
Ma tant’è, adesso habemus papam anzi l’imperatore, spinto dalle sue legioni, è stato acclamato dal popolo, e mai il richiamo allo Stato della Chiesa e all’Impero Romano fu più azzeccato!
Ha vinto la paura di perdere il lavoro “rubato loro” dalla manodopera malpagata e senza garanzie sociali in Cina, ha vinto la paura dell’inflazione che rosicchia i salari, ha vinto la paura di una incontrollata immigrazione ispanica, ha vinto la paura di bruciare ingenti risorse federali per proteggere i pigri e imbelli partners europei, ha vinto la paura di vedere nuovamente bare di giovani figli dell’America tornare da lontane parti del mondo.
Ha vinto l’egoismo americano!
Make again America first, per usare il grido di battaglia del neoeletto Presidente!
And now?
Trump, nel suo primo ed estemporaneo discorso da Presidente, ha dichiarato che non intende più cominciare guerre ma piuttosto di volerle chiudere: alias, non inviare eserciti in giro per il mondo, ma non certo fermare la CIA nelle sue operazioni di “convincimento”.
Ha dichiarato di privilegiare la manifattura nazionale: alias, imporre pesanti dazi sui prodotti che vengono dall’estero: non solo automobili sino-giapponesi ma anche beni alimentari provenienti dall’Italia.
Ha affermato di riconoscere la Cina come unico vero nemico: alias della Russia non gli importa più nulla, che l’Ukraina e i Paesi europei se la sbrigassero da soli!
Ha dichiarato che delle forme di energia alternative al petrolio e più sostenibili per l’ambiente non gliene importa perchè l’America ha molto più “oro liquido” dell’Arabia Saudita e della Russia messe insieme: alias prepariamoci ad uscire dagli accordi internazionali che ci legano le mani.
Ma è tutta in negativo la prospettiva dei prossimi quattro anni? Non sembrerebbe per le borse di tutto il mondo che hanno subito festeggiato una ritrovata stabilità politica (è soprattutto questo che a loro interessa) e un riavvio dell’economia americana, vera locomotiva del mondo.
Non sembrerebbe dai primi commenti dei leader europei che, oltre ai soliti salamelecchi rispettosamente dovuti allo “Uncle Sam”, si cominciano a chiedere come pensare ad una difesa e dunque ovviamente ad una politica estera comune.
E per la nostra Italia, cosa prevedere?
Il Bel Paese potrebbe per una volta essere non più solo vaso di coccio, destinato ad allinearsi al blocco franco-tedesco, ma grazie alla sua stabilità politica, al suo protagonismo in politica estera, all’allineamento politico tra le due destre di Italia e USA, e, perché no, al rapporto privilegiato tra Giorgia Meloni ed Elon Musk, vero corifeo di Donald Trump.
Potrebbe, come raramente è accaduto negli ultimi settant’anni della nostra storia, non essere costretto a dire sempre di si all’estero, salvo a dire sempre di no all’interno.
Potrebbe finalmente rappresentare quel ponte di cui l’Europa, ancora senza un numero di telefono, ha tremendamente bisogno per dialogare con Washington.
Carmelo Cosentino
Ig – @fairness_mag