Viviamo nell’epoca d’oro della libertà di espressione. Ogni giorno, milioni di persone condividono pensieri, opinioni e selfie riflessivi su piattaforme social che promettono di darci voce. “Esprimi te stesso!”, ci incoraggiano, come se la rete fosse una piazza democratica dove ogni parola ha lo stesso peso. Ma poi accade una cosa curiosa.
Il tuo post, pieno di passione e autenticità, riceve… zero like. Forse anche qualche commento passivo-aggressivo. E all’improvviso, quella libertà tanto celebrata sembra svanire, lasciando spazio a un’unica domanda: Ma la mia opinione piace abbastanza?
Amici miei… benvenuti nel paradosso del ventunesimo secolo, dove la libertà di espressione esiste solo se ottimizzata per l’algoritmo. Nessuna polemica ovviamente, ma è come se l’algoritmo (perché di questo si tratta) dicesse: “Parla Pure, Ma Fai Attenzione ai Mi Piace”, strizzando l’occhiolino…
Diciamolo chiaramente: il valore di un’opinione, oggi, non si misura dalla sua profondità o dal suo impatto, ma dal numero di pollici in su e cuoricini che riesce a raccogliere.
Hai un pensiero critico sulla società? Meglio infilarci una battuta o un meme, altrimenti rischi di scivolare nell’oblio digitale.
Vuoi esprimere un’opinione impopolare? Auguri, perché il web è pronto con la sua giuria spietata, sempre alla ricerca del prossimo bersaglio per il linciaggio pubblico.
E se pensi che una riflessione sincera basti a catturare l’attenzione, è probabile che tu stia sottovalutando il potere dell’algoritmo.
Vuoi visibilità? Segui la ricetta: contenuti brevi, emozionali e possibilmente accompagnati da una foto in cui sembri spontaneo, ma hai passato almeno 15 minuti a scegliere l’angolazione giusta. Libertà sì, ma con filtro.
L’ironia è che mai come oggi abbiamo avuto così tanti strumenti per esprimere le nostre opinioni. E mai come oggi ci sentiamo così condizionati dall’approvazione altrui. Il concetto di libertà di espressione, per come lo intendiamo online, è diventato una gara di popolarità mascherata.
Pubblica qualcosa che non si allinea con la maggioranza e scoprirai presto il prezzo della dissonanza. Nel migliore dei casi, silenzio. Nel peggiore, una pioggia di critiche, seguita da un piccolo esercito di commentatori con una moralità da tastiera e la pazienza di un cecchino. (Aspetto un po’ di voi sotto questo articolo)
Ma allora, se l’opinione non riceve approvazione, esiste davvero? E qui torniamo a una vecchia domanda filosofica: se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, fa rumore? Oggi la versione aggiornata sarebbe: Se pubblichi un post e nessuno mette like, sei davvero libero di esprimerti? Questa ladies and gentlemen è L’Illusione della Libertà Digitale.
La verità è che viviamo in una sorta di “dittatura dell’approvazione”. Certo, tecnicamente possiamo dire quello che vogliamo, ma l’effettiva libertà si misura dalla reazione del pubblico.
Ogni nostro pensiero è calibrato, inconsciamente o meno, per non alienare chi ci legge. Esprimere opinioni è diventato un atto strategico, in cui la sincerità spesso viene sacrificata sull’altare della popolarità. Ma c’è un problema ancora più sottile: l’omologazione. Più cerchiamo l’approvazione, più i nostri contenuti si conformano a ciò che è già popolare. Il risultato? Un feed in cui tutti dicono più o meno le stesse cose, con la stessa estetica e lo stesso tono.
E quella voce unica, quel pensiero diverso che avrebbe potuto arricchire il dibattito? Silenziato. Non per censura diretta, ma per mancanza di like. Quindi eccoci diretti Verso una Nuova Consapevolezza.
La domanda che dobbiamo porci è questa: quanto siamo disposti a sacrificare la nostra autenticità per un pugno di cuoricini? E soprattutto, possiamo davvero considerare libera un’espressione che dipende così tanto dall’approvazione altrui?
Forse la vera sfida è imparare a convivere con il rischio di essere ignorati o criticati. Perché, in fondo, la libertà di espressione non dovrebbe essere una performance, ma un atto di coraggio. Un’opinione autentica, anche se impopolare, ha un valore intrinseco che nessun algoritmo può misurare.
E allora, la prossima volta che pubblichiamo (sì anche noi di Fairness Magazine) qualcosa, chiediamoci: sto scrivendo per me o per l’algoritmo?
Forse, solo trovando il coraggio di fregarcene davvero, potremo riscoprire il significato autentico di “Esprimi te stesso”.
Ig – @fairness_mag