Ah, il Natale. Quella stagione dell’anno in cui ci si scambiano auguri pieni di ipocrisia, ci si ingozza come se non ci fosse un domani, e si tollerano parenti che normalmente eviteremmo come un Black Friday al centro commerciale. Ma non è solo questo. Natale è anche l’occasione in cui le emozioni si mescolano, nel bene e nel male, creando un caleidoscopio di esperienze che ci definiscono più di quanto vorremmo ammettere. È un periodo magico e insieme caotico, in cui la felicità viene venduta in confezioni regalo e il mantra “siamo tutti più buoni” viene recitato con la stessa convinzione con cui si sorseggia uno spumante tiepido.
Ricordate i Natali di una volta? Quelli che sembrano usciti da una fotografia sbiadita? Il presepe con il muschio fresco, le luci fioche dell’albero e il profumo di mandarini che si mescolava a quello della cera delle candele o del caminetto acceso. C’era una semplicità autentica in quelle feste, fatta di regali essenziali e sorrisi forse meno perfezionati, ma più veri. E oggi? Oggi ci troviamo immersi in una produzione degna di Hollywood, dove luci LED illuminano ogni angolo, Michael Bublé monopolizza le playlist e i regali diventano perfetti per un post su Instagram, ma spesso vuoti di significato.
Dietro ogni sorriso forzato e ogni brindisi ripetuto si nasconde una verità umana e ineludibile: il Natale ci costringe a confrontarci con noi stessi e con chi siamo per gli altri. Auguriamo il meglio a persone che vediamo una volta l’anno, scambiamo doni che presto dimenticheremo, e ci sediamo a tavola con parenti che, al di fuori di questa occasione, evitiamo con cura, o nel peggiore dei casi, come la peste. Eppure, c’è qualcosa di straordinariamente umano in tutto questo. L’imperfezione del Natale non è un difetto: è il suo cuore pulsante.
Sembra un paradosso ma non lo è. La tavola natalizia è il teatro perfetto di questa commedia. C’è la zia che critica tutto, ma prende il bis di ogni portata. Il cugino che non si trattiene dal condividere la sua ultima teoria del complotto, mentre tu vorresti solo un po’ di silenzio per digerire il pranzo. E poi ci sono i nonni, per chi ha la fortuna ancora di averli, che con il loro sguardo paziente e affettuoso, osservano tutto con la saggezza di chi ha vissuto troppi Natali per sorprendersi ancora. E noi, protagonisti di questa sceneggiatura non richiesta, cerchiamo di bilanciare l’aspettativa di armonia con il desiderio di un po’ di pace.
Forse se ci riflettiamo bene il vero problema è proprio l’aspettativa. Ci viene detto che il Natale dovrebbe essere perfetto, magico, capace di curare tutte le ferite dell’anno. Ma la realtà è che non esiste una festa che possa risolvere i conflitti, ricucire i rapporti o colmare i vuoti che ci portiamo dentro. Quello che il Natale ci regala, invece, è la possibilità di fermarci, di vivere momenti goffi ma autentici, di accettare noi stessi e gli altri per quello che siamo: imperfetti, ma presenti.
Eppure, nonostante tutto, il Natale ha ancora un potere unico. In un momento storico in cui siamo bombardati da conflitti, crisi e divisioni, è l’occasione per riscoprire l’importanza delle connessioni genuine. Non delle apparenze, ma dei gesti semplici. Non delle serate forzate, ma di quegli istanti di spontaneità che riescono a farci sorridere nonostante tutto.
La verità è che il Natale è una pausa necessaria, un’occasione per guardarsi negli occhi e ammettere che, malgrado tutto, siamo ancora qui, insieme. Forse non è perfetto, forse è stancante, ma è nostro. E, alla fine, ciò che davvero conta non è il regalo o il cenone impeccabile, ma la capacità di portare quel senso di umanità oltre il 25 dicembre.
Quindi, questo Natale, lasciate spazio al disordine, accogliete con un sorriso gli imprevisti e ridete dei vostri parenti assurdi. Perché, in fondo, Eduardo De Filippo aveva ragione: le storie migliori nascono dal caos della vita quotidiana. E il Natale, con tutte le sue contraddizioni, è forse la più bella di tutte.
Buon Natale
Ig – @fairness_mag