La fillossera, un minuscolo insetto simile agli afidi, ha rappresentato una forza trasformativa nell’industria vinicola. Originaria del Nord America orientale, arrivò in Europa alla fine del XIX secolo e causò devastazioni senza precedenti nei vigneti di tutto il mondo. Nutrendosi delle radici delle viti, provocò danni tali da richiedere l’adozione di metodi speciali per la sopravvivenza dei vigneti.
Scientificamente nota come Daktulosphaira vitifoliae, questo insetto invasivo costrinse i viticoltori a sradicare e sostituire le viti colpite con quelle provenienti dall’America, che sembravano essere resistenti al parassita. Questo evento storico portò allo sviluppo delle viti innestate, un metodo ancora ampiamente utilizzato nella viticoltura moderna. Ma andiamo con ordine…
Alla fine del XIX secolo, circa 150 anni fa, quando gli appassionati di botanica inconsapevolmente la trasportarono in tutto il mondo, la fillossera invase i vigneti in Australia, Nuova Zelanda e California. Questo accadde a causa dell’entusiasmo vittoriano per condividere piante esotiche con amici e parenti, tra cui talee di viti americane native. Gli insetti si nascondevano tra le piante, guadagnando così l’accesso a queste nuove terre.
Poi, dai lotti e dai giardini in Francia, la fillossera avanzò sistematicamente attraverso l’Europa fino ai primi anni del 1900, causando la decimazione dell’industria vinicola. Nonostante il suo impatto devastante, la fillossera lasciò un’eredità duratura nel settore, portando all’adozione di nuove tecniche di coltivazione e alla scoperta di varietà di viti resistenti. Infatti, l’unico metodo noto per combattere la sua azione distruttiva è l’innesto del portinnesto. Questo processo comporta l’uso di radici resistenti alla fillossera provenienti da specie di viti americane come Vitis berlandieri, Vitis riparia o Vitis rupestris, che vengono poi innestate su viti europee della specie Vitis vinifera.
Già nei primi anni del 1900, quando la fillossera colpì i vigneti in Europa, la soluzione era ben nota. I viticoltori trapiantavano rapidamente le loro viti, perdendo solo pochi anni di produzione nel processo.
Oggi, i vivai propagano nuove viti attraverso l’innesto del portinnesto, incorporando resistenza alla fillossera, alla siccità e persino alla salinità del suolo. Tuttavia, non tutte le viti sono innestate. Le viti con le loro radici, mai innestate, sono rare ma molto apprezzate dagli appassionati di vino che ne riconoscono il valore e spesso sono disposti a pagare cifre elevate per esse.
Un esempio sono i vigneti del Cile, che hanno il distintivo onore di essere l’unico grande produttore di uva al mondo che non ha mai avuto problemi con la fillossera. Le catene montuose delle Ande a ovest e il deserto di Atacama a nord hanno efficacemente isolato il paese dalle migrazioni di insetti via terra. Oggi, severe leggi di quarantena proteggono l’industria vinicola cilena. Per quanto riguarda l’Italia, anche la Valle d’Aosta vanta la stessa produzione, definita “pre-fillosserica”, cioè mai modificata.
La fillossera ha lasciato un segno indelebile nella storia della viticoltura, ma grazie alla scienza e alla resilienza dell’industria vinicola, il settore è sopravvissuto alle devastazioni causate da questo insetto. A causa sua, la viticoltura ha subito profondi cambiamenti, ma le innovazioni e le strategie di gestione adottate ci hanno permesso di superare questa sfida e portare vini pregiati e di qualità sulle nostre tavole.
Ig – @fairness_mag