Blue jeans quando una parola suona americana ma in realtà ha un cuore tutto Italiano 🇮🇹

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Se dico “blue jeans”, a cosa pensate?
Beh, è ovvio che pensiate subito a quei particolari pantaloni che hanno caratterizzato gli anni ribelli della “contestazione globale” delle rivolte studentesche del 1968 ma anche degli anni Settanta e Ottanta. Se pensiamo al cinema, poi, non possiamo non pensare a James Dean in “Gioventù bruciata”.

I jeans sono infatti un po’ l’evergreen degli indumenti, quel capo che chiunque al mondo ha indossato almeno una volta nella vita.

E’ di pensiero comune pensare che i jeans, oggi chiamati anche denim, furono inventati dagli imprenditori Levi Strauss (a proposito, si legge ‘Livai’) e Jacob Davis .
La realtà delle cose è invece molto diversa e – anzi – bussa proprio alla nostra porta.
Eh sì, perché la storia del tessuto distintivo dei jeans ha inizio a Genova, in Italia, oltre 500 anni fa: in quel periodo, i lavoratori portuali di Genova utilizzavano un tessuto robusto chiamato Geanes fustian, fatto di cotone arabo, per abiti da lavoro e vele. Il tessuto, tinteggiato di blu con l’indaco, era resistente e adatto ai pantaloni da lavoro per i complicati lavori portuali e marinai.
Nel corso del Rinascimento italiano, infatti, sempre più pantaloni in fibra araba venivano fabbricati ed esportati attraverso il porto di Genova finché furono notati dalla Marina genovese che richiedeva pantaloni robusti, resistenti nel tempo ma soprattutto economici per i suoi marinai. Inoltre, proprio per la peculiarità del loro lavoro, gli indumenti dovevano poter essere indossati anche da bagnati, motivo per cui questi pantaloni speciali risultavano essere perfetti.

Il tessuto ebbe immediatamente un enorme successo tanto da essere richiesto da molte parti del mondo. Da Genova, quindi, per questioni logistico-portuali, approdava nel porto della pittoresca città francese di Nimes dal quale poi partiva per essere venduto oltreoceano.
E’ proprio grazie a questa triangolazione commerciale che, nel tempo, è nato il termine denim. Esso era infatti utilizzato per identificare – appunto- quel determinato prodotto proveniente da Nimes ( “de Nimes”, in francese). Con il tempo, quel “de Nimes” si è tramutato in Denim, diventando quindi poi la parola con cui la resistente stoffa viene indicata ancora oggi.
Pantaloni, giacche e camicie: tutto ciò che viene prodotto con la fortunata stoffa è ormai indicato con il termine denim.

Ma non solo! Infatti, più comunemente, questo capo viene identificato con la parola blue jeans poiché i pantaloni dei marinai genovesi erano per l’appunto blu e la stoffa veniva chiamata dai francesi bleu de Gênes, che significa letteralmente “blu di Genova”. Poiché i maggiori acquirenti di questa stoffa erano gli americani, la terminologia francese si è persa via via nel tempo fino ad americanizzarsi e trasformarsi in  blue jeans.
Pare che lo stesso Giuseppe Garibaldi, eroe dell’Unificazione italiana, durante lo Sbarco dei Mille a Marsala abbia indossato, come molti dei suoi seguaci, un paio di “genovesi”.

Come potete vedere, quindi, la loro origine non ha nulla a che fare con l’America, come spesso siamo stati portati a pensare.

Tuttavia, i pantaloni da lavoro in denim blu, particolarmente diffusi in Europa nell’Ottocento, differivano dai moderni blue jeans americani: la trasformazione di questo capo iconico fu il risultato del lavoro di due intraprendenti immigrati.

Negli anni ’50, in California, Levi Strauss, un mercante tedesco, offriva pantaloni da lavoro in denim blu ai locali che lavoravano nelle miniere, e perciò necessitavano di indossare indumenti comodi ma al contempo resistenti. Uno dei suoi clienti, Jacob Davis, un sarto lèttone, iniziò ad acquistare regolarmente tessuto all’ingrosso dalla sua azienda ma un giorno uno dei suoi clienti si lamentò della fragilità dei pantaloni, secondo lui non così resistenti come pubblicizzato.
A quel punto, Davis ebbe l’idea di rinforzare tasche e cuciture con rivetti in rame ma, per brevettare l’innovazione, necessitava di ben 68 dollari per pagare le spese di brevetto.

Davis propose quindi a Strauss una partnership: con questo sostegno finanziario il 20 maggio del 1873  ottenne il brevetto U.S. Patent 139,121, denominato “Miglioramento nella chiusura delle aperture delle tasche”. Quindi, questa data può essere considerata come il “compleanno” ufficiale dei blue jeans.

I pantaloni con rivetti, inizialmente chiamati waist overalls, divennero un successo immediato tra i lavoratori, così Strauss assunse Davis per sovrintenderne la produzione nella sua fabbrica di San Francisco. Con il brevetto al sicuro, Levi Strauss & Co. monopolizzò la produzione di abbigliamento con rivetti per quasi 20 anni. Alla scadenza del brevetto, numerosi produttori emularono i loro capi.
Da quel momento, il pubblico americano iniziò a riferirsi comunemente ai blue jeans come Levi’s (pronunciato “livais” ),  un nome che l’azienda alla fine registrò come marchio. Attenzione però, perché questo capi meravigliosi, che ormai sono prodotti in tutto il mondo in tutti i colori, dal bianco al nero, non vengono chiamati ovunque allo stesso modo!

In Spagna, ad esempio, i blue jeans sono noti come vaqueros (cowboys) o tejanos (Texans) proprio perché, grazie alla resistenza di questo capo, essi vennero indossati anche dai texani che necessitavano di pantaloni che resistessero alle strattonate dei cavalli!

Insomma: che li chiamate jeans, denim, Levi’s o vaqueros, sappiate che c’è un po’ di sangue e ingegno italiano nei pantaloni più amati nel mondo!


Ig – @fairness_mag

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Rosy M. - Italy
Rosy M., è laureata in Lingue per i Rapporti Internazionali d'Impresa. Attualmente svolge il ruolo di Tutor Linguistico, mettendo a frutto la sua competenza nelle lingue. Appassionata di viaggi e amante degli animali, Rosy unisce la sua passione per la cultura internazionale con l'amore per la natura.
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