Questa storia la conoscono in pochi: “ci metto la mano sul fuoco!”

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Chissà quante volte avrete utilizzato questa frase nella vostra vita, senza conoscerne davvero il senso  recondito.
Certo, si tratta di un motto, di un modo di dire di uso comune, una frase utilizzata per far capire ai nostri interlocutori che siamo assolutamente certi di ciò che stiamo dicendo, tanto da rischiare di metterci la mano sul fuoco!

E se vi dicessi che il suo significato letterale è molto simile a  quello dettato dal senso della frase?
Sì, perché questo modo di dire che ha un passato centenario, non è una vera o propria metafora. O per lo meno non lo era nel momento in cui è nata. La frase voleva proprio stare a significare, da parte di chi l’ha pronunciata, “ero così sicuro della mia azione che, per punire la mia mano del suo fatale errore, sono pronto a mettere la mia mano sul fuoco (del braciere)!”.

Per scoprire l’origine di questa storia particolare, dovete seguirmi indietro nel tempo, in un passato che si perde nei ricordi di un’era lontana in cui, però, vivevano persone che hanno dato vita al nostro presente e al nostro futuro: gli etruschi e gli antichi romani.

Siamo intorno al 508 a.C., in una Roma assediata dagli Etruschi – e guidati dal comandante Porsenna – che vogliono riprendere il controllo della città dopo la cacciata dell’ultimo Re di Roma, Tarquinio il superbo.
I viveri degli accampamenti iniziano a scarseggiare, i soldati sono stanchi e non sembra esserci un momento di pace dopo un anno di sanguinose battaglie.

Per dar fine allo scontro, un giovane aristocratico che mal sopporta l’idea di un possibile ritorno della monarchia, si presenta in Senato e si propone di uccidere Porsenna, mettendo fine alla guerra e portando in salvo la Repubblica da poco insediata.

Questo giovane è Gazio Muzio Cordo.

Travestitosi da soldato, il giovane si perde tra la folla dell’accampamento etrusco e, con un pugnale nascosto dal mantello, riesce ad arrivare al cospetto del comandante Porsenna e del suo scriba che intanto stanno distribuendo la paga a soldati in fila.
I due, comandante e scrivano, sono vestiti con abiti molto simili e Gazio decide di non chiedere chi sia il comandante tra i due, sicuro di non sbagliare, così sferra un attacco con il suo coltello e uccide la persona sbagliata: il collo tagliato non era quello giusto. Gazio ha pugnalato lo scrivano.
Preso quasi immediatamente dalle guardie del re dopo una breve fuga, invece di negare l’accaduto per evitare il rogo, Gazio non solo conferma la sua azione, ma pone la sua mano destra su di un braciere, lasciando che si consumi per via delle fiamme e del calore, per punirla di quel grandissimo errore.

La leggenda ci racconta che il comandante Porsenna, visto il coraggio e l’onestà del giovane, abbia deciso di risparmiargli la vita e di ritirare le truppe, spaventato anche dal fatto che Gazio aveva rivelato (bluffando…) che altri Trecento sostenitori di Roma erano pronti ad ucciderlo ed avere lo stesso coraggio del ragazzo.

Da quel giorno, Gazio Muzio Cordo divenne Gazio Muzio Scaevola, (letto “scevola”) per via della perdita della mano destra e del forzato uso di quella sinistra.
Scevola, infatti, dal latino “Scaevus” significa anche mancino.

Gazio fu davvero pronto a metterci la mano sul fuoco, per punire la sicurezza che lo aveva in realtà indotto all’errore, ma nelle altre lingue, avranno mantenuto lo stesso modo di dire?

Innanzitutto, vista l’origine etimologica della frase, è giusto ricordare la forma latina Manum ad ignem ponere, seguita da quelle simili delle versioni in :

Spagnolo 
Poner las manos en el fuego por alguien

Francese 
J’en mettrai ma main au feu.

Tedesco 
die Hand ins Feuer legen

Anche in inglese, esiste la forma che traduce letteralmente la versione italiana di “ci metterei la mano sul fuoco” che diventa I would put my hand on fire to show how sure I am, ma è una forma un po’ in disuso.
Per esprimere lo stesso concetto, invece, vengono molto più comunemente utilizzate le forme  “I would not hold my breath on that” (non tratterei il respiro su questa questione) o “I would not bet on it” (non ci scommetterei).

Scoprire l’origine di tanti modi di dire o di proverbi che sono ormai di uso comune nel nostro vocabolario e nel nostro modo di comunicare agli altri idee o sensazioni, può aiutarci a conoscere meglio non solo l’evoluzione della lingua ma, come in questo caso, ci permette anche di scoprire piccole pillole di passato.

Leggenda o no, storia o meno, quel che è certo è che la frase ci metto la mano sul fuoco ha attraversato lo spazio e il tempo  ed è arrivata fino a noi passando di bocca in bocca e di lettera in lettera fin dagli Antichi Romani.
Non solo rovine, statue e edifici, dunque, ma anche parole e proverbi possono confermare l’immenso legame che l’umanità ha con il suo passato. Un passato che non sempre ricordiamo, ma che spesso utilizziamo nel nostro quotidiano e che attestano le origini latine della tradizione culturale italiana, e non solo.


Ig – @fairness_mag

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Rosy M. - Italy
Rosy M., è laureata in Lingue per i Rapporti Internazionali d'Impresa. Attualmente svolge il ruolo di Tutor Linguistico, mettendo a frutto la sua competenza nelle lingue. Appassionata di viaggi e amante degli animali, Rosy unisce la sua passione per la cultura internazionale con l'amore per la natura.
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