Una battaglia legale senza precedenti si sta svolgendo in Italia, dove Greenpeace Italia e ReCommon hanno intrapreso un’azione civile contro Eni, il colosso energetico italiano. La causa rappresenta una pietra miliare nella lotta contro la crisi climatica, sollevando questioni fondamentali sul ruolo delle grandi aziende nell’aggravare l’emergenza ambientale e violare i diritti umani.
I Motivi della Causa
Le ragioni alla base della causa legale contro Eni sono legate a due accuse fondamentali: l’aggravamento della crisi climatica e la violazione dei diritti umani. Vediamole nel dettaglio:
- Aggravamento della Crisi Climatica
Eni è una delle più grandi aziende energetiche del mondo, con un modello di business basato principalmente sull’estrazione e l’uso di combustibili fossili come petrolio e gas naturale. Questi combustibili sono tra le principali cause del cambiamento climatico perché, quando bruciati, rilasciano enormi quantità di gas serra nell’atmosfera.
Greenpeace e ReCommon sostengono che:
- Eni ha contribuito in modo significativo al riscaldamento globale con le sue attività industriali.
- Le emissioni legate alle operazioni di Eni sono incompatibili con gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, che punta a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
In poche parole, accusano l’azienda di continuare a puntare su fonti di energia che peggiorano la crisi climatica, invece di investire seriamente in soluzioni sostenibili.
- Violazione dei Diritti Umani
I querelanti sostengono che le attività di Eni non danneggiano solo l’ambiente, ma hanno anche gravi ripercussioni sulle persone, soprattutto nelle comunità più vulnerabili:
- Eventi climatici estremi come inondazioni, siccità e uragani sono peggiorati dal cambiamento climatico e mettono a rischio milioni di vite.
- I disastri naturali costringono molte persone a lasciare le proprie case, creando nuove categorie di migranti climatici.
- I problemi ambientali legati all’estrazione di petrolio e gas, come l’inquinamento di aria e acqua, colpiscono la salute delle comunità locali.
Secondo Greenpeace e ReCommon, continuare a ignorare queste conseguenze significa violare i diritti fondamentali delle persone, come il diritto a vivere in un ambiente sano e sicuro.
Cosa Chiedono?
Le due organizzazioni chiedono al tribunale di obbligare Eni a:
- Ridurre drasticamente le sue emissioni in linea con gli obiettivi climatici internazionali.
- Rendere trasparenti le sue attività, evitando il greenwashing (ossia fingere di essere più sostenibile di quanto non sia).
- Assumersi la responsabilità per i danni ambientali e umani causati dalle sue operazioni.
Questo punto della causa sottolinea come il cambiamento climatico non sia solo una questione ambientale, ma anche una questione di giustizia sociale ed economica.
Greenpeace e ReCommon accusano Eni di essere responsabile di un’enorme quantità di emissioni di gas serra che contribuiscono significativamente al cambiamento climatico. L’accusa si basa su due punti principali:
- Contributo alla Crisi Climatica: Eni è una delle principali aziende fossili del mondo, con operazioni che includono l’estrazione e la distribuzione di petrolio e gas. Secondo i querelanti, le sue attività industriali hanno generato emissioni di gas serra pari a miliardi di tonnellate.
- Violazione dei Diritti Umani: Il cambiamento climatico provocato dalle emissioni contribuisce a disastri naturali, perdita di biodiversità e migrazioni forzate, minacciando i diritti fondamentali di milioni di persone.
Le organizzazioni chiedono che Eni adotti misure concrete per ridurre drasticamente le proprie emissioni e si impegni a rispettare gli obiettivi climatici globali, in linea con l’Accordo di Parigi.
Il Contesto Legale
La causa contro Eni si inserisce in un contesto globale in cui aziende fossili sono sempre più spesso chiamate a rispondere del loro impatto ambientale. Alcuni esempi internazionali includono:
- La causa contro Shell nei Paesi Bassi, in cui un tribunale ha ordinato all’azienda di ridurre drasticamente le sue emissioni.
- Le azioni legali intraprese contro Exxon. Mobil negli Stati Uniti per aver fuorviato il pubblico sui rischi del cambiamento climatico.
In Italia, questa è la prima causa legale di questa portata, segnalando un cambiamento nella percezione pubblica e legale delle responsabilità delle grandi imprese fossili.
Greenpeace e ReCommon
Le organizzazioni denunciano Eni per “greenwashing”, ossia l’uso di strategie di marketing per apparire più sostenibile di quanto lo sia in realtà. “Non possiamo più tollerare che aziende come Eni continuino a danneggiare il pianeta e le persone senza subire conseguenze,” ha dichiarato Greenpeace Italia in un comunicato.
Eni
Eni ha risposto definendo le accuse “infondate” e sottolineando il proprio impegno verso la transizione energetica, con investimenti in energie rinnovabili e piani per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Tuttavia, Greenpeace e ReCommon contestano la reale portata di questi sforzi.
L’Impatto della Causa
Se la causa avrà successo, avrà potuto stabilire un precedente significativo, obbligando le grandi aziende a rendere conto delle loro azioni in relazione al cambiamento climatico. Inoltre, potrebbe influenzare le politiche industriali italiane ed europee, spingendo verso una maggiore responsabilità ambientale.
Le Possibili Conseguenze:
- Riforme Aziendali: Una sentenza favorevole potrebbe costringere Eni a rivedere radicalmente le proprie strategie aziendali.
- Impatti sulle Politiche Pubbliche: Il governo italiano potrebbe essere spinto a rafforzare le normative ambientali.
- Sensibilizzazione Globale: Un verdetto contro Eni attirerebbe l’attenzione internazionale, aumentando la pressione sulle aziende fossili in tutto il mondo.
La causa intentata da Greenpeace e ReCommon contro Eni è molto più di una battaglia legale: è un segnale forte che il tempo per azioni insufficienti o simboliche è finito. La crisi climatica richiede risposte decisive, e questa causa rappresenta una sfida diretta al modello economico basato sui combustibili fossili. Il verdetto potrebbe non solo cambiare il corso di una singola azienda, ma anche aprire la strada a una maggiore giustizia climatica a livello globale.
Ig – @fairness_mag